Quel che RESTA dei TREND
29 Gennaio 2010 – “Non guardo le tendenze. Mi affido solo al mio intuito”. Con questa istintiva e lapidaria affermazione Walter van Beirendonck ha riassunto, lo scorso ottobre, nella trecentesca Certosa di San Giacomo, il suo approccio progettuale al lavoro di stilista nell’ambito del Capri Trend Watching Festival.
Ben lungi dal voler provocare, il corpulento designer con la barba da orco buono ha così espresso la sua pur rispettosa indifferenza nei confronti del tema indagato dall’evento organizzato dalla Fondazione Capri e da Elena Marinoni. “Si fa sempre un gran parlare di tendenze fa notare la ricercatrice dell’osservatorio Tomorrow, now – che, di fatto, perdono il loro appeal non appena diventano argomento di analisi e di discussione da parte dei media”. Soprattutto in un momento come quello attuale, votato al pluralismo estetico e dominato da un’anarchica polverizzazione delle informazioni, dei bisogni e delle ispirazioni. “Oggigiorno non ha più senso indicare le’ tendenze afferma Francesco Morace di Future Concept Lab ma è possibile fornire un iniziatico scenario alle aziende che devono cercare e trovare un proprio spazio, coltivando e ottimizzando distintive specificità “. “E infatti mutato lo scenario nel quale nascono e si evolvono i trend puntualizza il sociologo che non sono più gli imprescindibili must consacrati dagli anni Ottanta”. Sono state infatti superate le antiche divisioni tra le creazioni griffate e gli stili della strada, tra la fast fashion e il prêt à porter tradizionale, come pure le vecchie teorie sui cicli della moda che, di fatto, ha rallentato i suoi tempi.
Ora le megatendenze durano più a lungo
“Rispetto al passato afferma Fausto Caletti, consulente stilistico di filature e aziende tessili i megatrend durano molto più a lungo, come dimostra l’ancora forte successo nell’abbigliamento di un colore come il viola che, lanciato sulle passerelle circa cinque anni fa, è ancora ben presente nelle collezioni e nei negozi”. “Per contro si è intensificata la velocità con la quale, grazie al web, viaggiano le informazioni stilistiche” osserva Alberto Costabello dello studio A+A di Andrea Dall’Olio. A causa di questi mutamenti, è fondamentale cogliere sul nascere, senza arroganti e ingenue pretese assolutistiche, i segnali deboli che anticipano i cambiamenti. “Bisogna essere capaci di registrare con tempismo piccoli segnali significativi dice Dall’Olio con un metodo capillare e bene organizzato”.
“I dati necessari per queste rilevazioni interviene Ma¬rinoni sono a disposizione di tutti, ma solo alcuni li sanno cogliere prima degli altri”. Questi osservatori paragonati da William Gibson a “una cartina da tornasole umana ad alta definizione” rispondono all’anglofilo nome di trendwatcher. A costoro il festival promosso dalla Fondazione Capri ha saputo dare un meritato risalto, sottolineandone l’importante apporto nella rilevazione dei lifestyle, che, secondo il filosofo Fulvio Carmagnola, tra i relatori dell’evento, “ riprogettano l’esperienza umana in un’ottica di consumo edonistico, attivando una non sempre sintonica dialettica tra progettisti e consumatori”.
Professione trendwatcher: tra metodo e istinto
Ma chi sono i trendwatcher e come operano nel monitoraggio degli stili che verranno? “Sono professionisti, giornalisti, creativi e artisti risponde Marinoni che vivono in importati città chiave del mondo, dove captano le tendenze emergenti sulla base dell’osservazione diretta delle abitudini e dei consumi locali”. 21 sono gli snodi glocal degli urbanwatcher dell’osservatorio Tomorrow, now, Che si affida ad una metodologia di ricerca di matrice etnografica e a una costante mappatura di significativi magazine e di siti web internazionali.
Capri Trend Watching Festival/Pronti per l’edizione del 2010
Non era facile mettere insieme l’ispirato magnetismo della “guru” Li Edelkoort, la polemica vocazione del filosofo Fulvio Carmagnola, il caustico anticonformismo dell’artista Francesco Jodice, il convinto ecologismo dell’imprenditore Marco Roveda, la lucidità analitica dell’antropologo Ted Polhemus, la spiazzante visionarietà dello stilista Walter van Beirendonck e la trascinante dialettica di Cris Anderson di Wired in un evento contenitore che tentasse di offrire un trasversale spaccato sulle tendenze emergenti e sull’attività di chi con queste si rapporta nel quotidiano esercizio della sua professione. C’è riuscita la Fondazione Capri che, sotto la direzione di Elena Marinoni dell’osservatorio Tomorrow, now lo scorso ottobre ha creato dal nulla e a tempo record il Capri Trend Watching Festival. Questa manifestazione ha fatto il punto sulle principali tendenze del momento e ha chiarito le strategiche competenze degli urbanwatcher (come lo spagnolo Israel Rocha, ritratto nella locandina a lato), che osservano i comportamenti, le abitudini, le scelte di consumo e i riferimenti socioculturali dei trend setter. Tre sono stati i macro orientamenti individuati dai ricercatori di Tomorrow, now, che operano in 21 città chiave del mondo: “Super green” (la diffusa attitudine alla nuova frugalità eco friendly), “Urban signs” (i comportamenti creativi legati alla fruizione attiva delle città) e “Daily Aesthetics” (la dilagante estetizzazione degli oggetti di uso quotidiano). “Questo festival dice Marinoni è stata una faticosa scommessa, ma gli insperati e incoraggianti riscontri che ne sono derivati ci hanno già indotti a organizzare l’edizione del 2010 “
Rocco Mannella